Attraverso in bicicletta la città.
Vedo badanti obese con atroci tinte di capelli. Vedo vecchi in bermuda, calzettoni bianchi e sandali marroni da frate. Un’automobilista è ferma dietro un’altra, stanno litigando. Bloccano il traffico. Quella davanti grida dal finestrino abbassato: “te e tutte le puttane rumene…slave!” Quella dietro dice con un accento straniero: “ma ti vuoi muovere”, e quella davanti apre lo sportello e sguaiata, con la bocca contorta le grida: “troiaa! bocchinara! rotta in culoo!”. Richiude e sgomma via.
Supero un uomo semi nudo accasciato a terra con il tricolore in mano. Stanno tornando le zanzare tigre e non riesco a liberare casa dalle formiche.
Vedo ragazzi con gli occhi completamente bianchi, senza pupille. Passo oltre un dinosauro-robot che schiaccia un palazzo con la zampa d’acciaio.
Penso che tutti i tratti caratteriali che non mi piacciono dei miei genitori me li sono ritrovati cuciti addosso senza volerlo.
Al mattino mi sono alzata stanca, ma ho fatto un’ottima scelta. Se vuoi vincere la paura di volare, buttati con il paracadute.
Così ho fatto il programma di fitness più tosto che ho, spacca ossa e spacca muscoli. Prima arriva il dolore, poi, ad un certo punto durante le infinite ripetizioni, smette ogni pensiero e come in un cerchio il dolore quasi si ricongiunge al piacere.
Ora il tramonto è vicino. C’è afa. Il cielo sopra e avanti a me è enorme, e gonfio. Tuona. Mi affretto pedalando più veloce verso casa.
Non mi avrete.
