1 I tacchi. Tacchi, tacchi; tacchi. Quelli scomodi, spudorati. Senza ritegno.
Spente le notti, rarefatte le occasioni e i pubblici dal vivo, io ci vado a comprare il latte e l’avena. (Ho sviluppato una dipendenza patologica dal porridge.)

2 Le maniche a sbuffo. Modo gentile, prezioso, sul subliminale, per dire scansatevi, aria, aria! non prendetela sul personale, vi voglio bene come prima ma statemi un attimo distanti. Qui ci starebbe bene un classico “torneremo ad abbracciarci.” Invece niente. Zitta. Linea dura.
3 L’eye liner. La carica attenzionale si è spostata parecchio sugli occhi. Eye liner nero, allora, come quello di Beth Harmon, l’eroina della seria La regina degli scacchi (The Queen’s Gambit, Netfix).
Torneo di scacchi, Parigi 1967. Lei è l’unica donna a partecipare. Un giornalista domanda: “Signorina Harmon, cosa direbbe a chi nella Federazione Scacchi l’accusa di essere troppo alla moda per essere una seria giocatrice?” Risposta: “Direi che è molto più facile giocare a scacchi senza il fardello di un pomo d’Adamo.”
C’è la spallina di un vestito, abbottonata, sottilmente sensuale, come l’ha definita Danielle Braf. Indimenticabile.

